Promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficienti, responsabili e inclusivi a tutti i livelli.
Garantire la pace nel quadro di lavoro post 2015: scelta, applicazione e controllo.
di Larry Attree[1] e Anna Möller-Loswick[2]
Il dibattito internazionale su come il quadro di sviluppo sostituirà gli obiettivi di sviluppo del Millennio (MDGs) è nella fase conclusiva. Dopo due anni di discussioni, il quadro di sviluppo post 2015 risulta in fase di trattativa presso la sede delle Nazioni Unite, e sarà approvato ufficialmente al vertice di alto livello, a Settembre del 2015. Finora, i dibattiti sul quadro post 2015 hanno sempre concordato che, il nuovo quadro di sviluppo, deve promuovere non solo uno sviluppo sostenibile e la riduzione della povertà, ma anche le società di pace, giustizia e buon governo. L’Open working group dell’Assemblea Generale sugli obiettivi di sviluppo sostenibile ha raggiunto un accordo su un documento finale, che include l’obiettivo numero 16 per delle società pacifiche e più inclusive. L’Unione Africana ha incluso la pace e la sicurezza come punti fondamentali per la Posizione comune africana (CAP) riguardante l’agenda per lo sviluppo post-2015 ed il segretario generale delle Nazioni Unite ha recentemente ribadito l’importanza del programma di pace nel Synthesis Report.Sebbene la maggior parte degli Stati membri abbia appoggiato un programma di pace sostenibile, per alcuni di essi l’aggiunta e la definizione del SDG 16 per società pacifiche ed inclusive rimane un argomento delicato. La concretizzazione di un autentico impegno politico per il programma di pace attraverso questi Stati sarà quindi la chiave da seguire per attuare e gestire, nei prossimi quindici anni, un efficiente piano di lavoro post 2015.
Perché risulta così importante la pace nell’agenda post 2015?
Non possiamo ottenere l’eradicazione della povertà e uno sviluppo sostenibile, senza affrontare i conflitti e le insicurezze; esiste un ampio e crescente divario nella performance degli SDG tra il numero degli stati affetti da elevati livelli di violenza e altri in via di sviluppo. In particolare, colpisce il fatto che i sette paesi con poche probabilità di raggiungere anche solo uno degli SDG entro la fine del 2015, sia caratterizzato da alti livelli di violenza negli ultimi anni.
Tuttavia, la violenza e l’insicurezza sono problemi generali, legati al benessere della popolazione di ogni nazione, e non solo di quelle coinvolte in conflitti; in Brasile, ad esempio, il tasso di omicidi è uno dei più alti al mondo, con 56.000 di persone uccise violentamente nel 2012; in sud Africa, il tasso di omicidi dal 2014 è stato di circa cinque volte superiore alla media mondiale del 2013; negli Stati Uniti, il numero di omicidi nel 2013 è stato di 4,9 ogni 100.000 (rispetto al tasso medio di omicidi nei paesi sviluppati che è al di sotto dello 0.8 ogni 100.000). Rimangono spesso coinvolti nelle violenze, soggetti appartenenti agli ambienti più emarginati della società. Fino a quando prevarranno violenza e insicurezza, in molti dei paesi più poveri del mondo, sarà impossibile ridurre sensibilmente la povertà e raggiungere una crescita economica. Entro il 2030, il 75 per cento delle persone in condizioni di assoluta povertà, vivrà in paesi con livelli elevati di violenza. Pace, giustizia e buon governo vengono sempre più visti dalle persone non solo come mezzi di sviluppo, ma come risultati stessi di quest’ultimo. In realtà, più di 7 milioni di persone, che hanno aderito al sondaggio mondiale delle Nazioni Unite – My World -, fra i quali gli appartenenti ai paesi più scettici, considerano la sicurezza e un buon governo tra le prime sei priorità per lo sviluppo.
Quale modello di pace dovrebbe essere inserito nel quadro di lavoro post 2015?
Alla luce di quanto sopra, il quadro di lavoro post 2015 dovrebbe mettere le persone al centro del programma di pace; tutti, e non solo quelli degli stati colpiti da conflitti, dovrebbero essere in grado di condurre vite pacifiche, soddisfacenti, liberi da guerre e insicurezze. La comunità internazionale deve focalizzare e garantire una pace sostenibile, positiva e non solo una “pace negativa”, intesa come semplice assenza di violenza, nascosta spesso da un’oscura incertezza. In definitiva, tutti i paesi sono a rischio di violenti conflitti e la gente di tutto il mondo vive quotidianamente nell’insicurezza. Al fine di garantire una pace duratura e stabile, tutti gli stati necessiterebbero di ridurre i rischi di guerre e insicurezze, attraverso lo sviluppo di temi quali: riduzione della corruzione, equo accesso alla giustizia e alla sicurezza, solidarietà politica per tutte le categorie sociali.
Quali sono le principali preoccupazioni in merito all’inserimento della pace?
Sebbene il loro scetticismo può essere in parte attribuito a strategie negoziali, alcune delle preoccupazioni sollevate dagli Stati membri, riferite all’inserimento del SDG numero 16, risultano concrete. Dobbiamo prendere sul serio tali preoccupazioni, discuterne, e fornire garanzie per ridurle, in modo che gli stati di tutto il mondo uniscano gli sforzi nell’attuazione del piano post 2015, piuttosto che accettarle con riluttanza. Una delle più preoccupazioni comuni a tutti riguarda l’inserimento della pace, che donerà un carattere di sicurezza al programma di sviluppo, facendo sì che i fondi siano utilizzati per incrementare la sicurezza nazionale di particolari stati, piuttosto che promuovere lo sviluppo per gli individui. Gli Stati membri potrebbero diminuire tale preoccupazione, attraverso la condivisione di una serie comune di procedure- ad esempio, l’obiettivo numero 16 è dedicato alla sicurezza e pace dei cittadini all’interno delle società e non in merito alla sicurezza nazionale e internazionale tra stati. Inoltre alcuni stati temono che l’inserimento dell’obiettivo di pace possa portare alla violazione della sovranità dei paesi. Tuttavia, l’agenda post 2015 non è vincolante e preventiva: gli stessi paesi possono migliorare la loro situazione, piuttosto di concentrarsi su ciò che impone la comunità internazionale. Oltre a ciò, alcuni stati hanno sostenuto che lo sviluppo permette la pace e non viceversa. Ciononostante, mentre lo sviluppo generalizzato può certamente contribuire a eliminare alla radice le guerre e l’insicurezza, il riscontro con la realtà dimostra che il rapporto tra i due è reciproco. Inoltre, sono state espresse preoccupazioni sul fatto che gli obiettivi legati alla pace potrebbero tradursi in nuove condizioni di aiuto e che la pace stessa non può essere controllata. Tuttavia, queste preoccupazioni non sono sufficientemente fondate dato che il rischio della presenza di condizionalità è molto basso per tutti gli obiettivi del piano quadro per lo sviluppo post-2015 e il fattore pace è già stato misurato in un considerevole numero di contesti, nonostante l’occorenza di alcune lacune.
Il documento finale dell’ OWG è un punto di forza per la pace?
Ci sono parecchi motivi per essere fiduciosi in merito al documento finale OWG. Innanzitutto, gli Stati membri hanno riconosciuto la pace come una questione prioritaria, che deve essere affrontata al livello globale. Inoltre, gli i target proposti nell’ obiettivo 16 rispecchiano largamente i punti chiave necessari per raggiungere una pace stabile e sostenibile. In aggiunta ai due target per la riduzione della violenza, l’obiettivo 16 aggiunge anche target incentrati sui più importanti fattori scatenanti dei conflitti, quali giustizia, corruzione, chiarezza, libertà fondamentali e la partecipazione al processo decisionale. È comunque buona cosa che i fattori scatenanti del conflitto, compresi i flussi illeciti di armi e capitali, vengano contrastati, attraverso azioni e coordinazioni globali. Infine, la pace deve essere perseguita attraverso l’intera agenda per lo sviluppo, al fine di fare la differenza per le persone. Quindi, risulta importante che gli obiettivi in materia di violenza sessista, siano inclusi nell’ obiettivo numero 5 e che le disuguaglianze orizzontali tra gruppi, vengano trattate con gli obiettivi numero 1 e 10.13
Esiste un margine di miglioramento?
Anche se gli obiettivi attuali sono promettenti, c’è un margine tecnico di perfezionamento, che potrebbe essere elaborato da esperti interni al sistema delle Nazioni Unite, al fine di salvaguardare il delicato equilibrio politico rappresentato nel documento finale OWG. Rendere la lingua di destinazione più concreta e consolidare il piano di lavoro attraverso la riduzione del numero di obiettivi, renderà il tutto più fattibile per l’attuazione del piano di lavoro su base generale e valutare il progresso di sviluppo nei prossimi 15 anni. Si potrebbe anche migliorare qualche lingua per soddisfare impegni internazionali esistenti.
Concentrandosi sui risultati reali, piuttosto che sui poteri e metodi, molti degli obiettivi internazionali trarrebbero vantaggio; anzi, alcuni obiettivi rischiano di portare ad atteggiamenti restrittivi nella sicurezza, come l’obiettivo 16.a, che si impegna a “creare potere a tutti i livelli … al fine di prevenire la violenza e combattere il terrorismo e criminalità” .
Come può essere raggiunto un vero piano generale post 2015 ?
L’universalità è fondamentale, affinché il piano di lavoro post 2015 abbia effetto. Un piano non universale complicherebbe molto il resoconto dei governi nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. Pertanto, necessitiamo di una serie di indicatori comuni che spingano l’azione e permettano il confronto nei diversi paesi. Comunque, allo stesso tempo, un quadro di lavoro generale deve essere ancora adeguato al contesto; lo si può ottenere attraverso maggiori indicatori specifici di settore, che implementano la vasta serie di indicatori generali e che vengono concordati a livello nazionale o regionale. Inoltre, ove non diversamente indicato, all’interno degli obiettivi universalmente riconosciuti, i parametri di riferimento e il ritmo dei progressi dovrebbero essere definiti a livello nazionale.
Come dovrebbe essere attuato il piano di lavoro post 2015?
Anche se per porre in essere i mezzi risulta necessario una moderna e consolidata collaborazione generale, l’attuazione del piano post 2015 non dovrebbe sottovalutare le numerose iniziative globali esistenti, al fine di creare più società di pace. Ad esempio, la Dichiarazione di Ginevra approvata da più di 100 Stati, punta a raggiungere significative riduzioni nella violenza armata all’interno di scenari con o senza conflitti.
Il “New Deal per l’impegno negli Stati fragili” presentato e ampiamente approvato al quarto Forum di alto livello per l’efficacia degli aiuti a Busan nella Repubblica di Corea il 30 novembre 2011, propone cinque obiettivi chiave per la creazione della pace e obiettivi di stato, come punto di riferimento per la cooperazione tra i 19 stati colpiti da guerre, partner di sviluppo e organizzazioni internazionali.
Infatti, attraverso questo New Deal, gli stati colpiti da conflitti stanno iniziando a sperimentare l’uso di 34 indicatori comuni, per misurare il progresso tra cinque obiettivi di pace, che incoraggiano e aggiornano l’indicatore del piano di lavoro post 2015. Oltre a questi processi generali, vi è una vasta gamma di iniziative ed esperienze a livello nazionale, da quale altri paesi saranno in grado di trarre vantaggio nel raggiungimento degli obiettivi in SDG 16. A questo proposito, la creazione di partenariati e conoscenze fra vari paesi, dovrebbe essere un elemento chiave per la realizzazione.
In conclusione, con 50 milioni di profughi a causa di violenze e guerre in tutto il mondo, sono necessarie risposte comuni su scala mondiale, per eliminare alla radice le cause della violenza e dell’ insicurezza. Il quadro di sviluppo post 2015 rappresenta un’opportunità unica per garantire provvedimenti multilaterali, basati sullo sviluppo e mirati alle persone, per prevenire violenti conflitti.
[1] Head of Policy presso l’Organizzazione Saferworld di Londra
[2] Research Assistant presso l’Organizzazione Saferworld. Si occupa dell’Agenda dello Sviluppo, in particolare la Pace, la governance e la giustizia