14. La Vita Sott’Acqua

 

di Biliana Cicin-Sain[1]

Gli oceani sono il punto in cui si uniscono il pianeta, le persone e la prosperità. È di questo che tratta lo sviluppo sostenibile. Riguarda tutti noi in qualità di abitanti della Terra, coinvolti e  consapevoli di agire per la nostra responsabilità verso il pianeta, i popoli e gli oceani. 

Elizabeth Thompson, vice coordinatore esecutivo per la Conferenza Rio+20, in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani a Rio+20, 16 giugno 2012.

Dato che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite prende in considerazione le raccomandazioni del gruppo di lavoro aperto (OWG) sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, è fondamentale che l’Obiettivo 14 riguardante gli oceani, i mari e le risorse marine mantenga un ruolo centrale nell’agenda di sviluppo post-2015.

La centralità degli oceani per tutti e tre i pilastri dello sviluppo sostenibile

Gli oceani, coprendo quasi tre quarti della superficie terrestre, sono la caratteristica principale del pianeta e sono essenziali per la sua sopravvivenza. Così come una persona non può vivere senza cuore e polmoni sani, la Terra non può sopravvivere senza oceani e mari sani. Essi fungono da sistema respiratorio terrestre, producendo ossigeno per la vita e assorbendo anidride carbonica e scorie. Gli oceani forniscono deposito e assorbono il 30% dell’anidride carbonica mondiale, mentre il fitoplancton marino produce il 50% dell’ossigeno necessario per la sopravvivenza. Gli oceani regolano il clima e la temperatura, rendendo il pianeta adatto a diverse forme di vita.

Gli oceani e i mari sono essenziali per il benessere economico nazionale e globale. L’attività economica degli oceani di tutto il mondo è stimata tra i 3 e i 6mila miliardi di dollari, contribuendo all’economia mondiale in vari ed importanti modi, per esempio:

  • Il 90% del commercio globale utilizza il trasporto marino;
  • I cavi sottomarini trasmettono il 95% di tutte le telecomunicazioni globali;
  • La pesca e l’acquacoltura forniscono a 4,3 miliardi di persone più del 15% del consumo annuale di proteine animali;
  • Più del 30% dell’olio e gas globale prodotto è estratto in mare aperto;
  • Il turismo costiero è il settore di mercato maggiore nell’economia mondiale, includendo il 5% del prodotto interno lordo globale e dal 6 al 7% dell’occupazione globale;
  • Ampliare le conoscenze sulla biodiversità marina ha portato a progressi rivoluzionari in settori quali la galenica, la produzione del cibo e l’acquacoltura;
  • Delle 20 megalopoli del mondo, ben 13 sorgono in zone costiere;
  • Maree, onde, correnti ed energia eolica in mare aperto costituiscono risorse energetiche emergenti che hanno un alto potenziale nel diffondere energia a basse emissioni di carbonio in molti paesi costieri.

Gli oceani e i mari sono fondamentali per il benessere della società. Più del 40% – cioè 3,1 miliardi – della popolazione mondiale, vive entro 100 km dall’oceano o dal mare, in circa 150 nazioni costiere e insulari. Indipendentemente che un paese abbia o non abbia sbocchi sul mare, tutte le nazioni sono direttamente collegate a oceani e mari attraverso fiumi, laghi e torrenti. Le nazioni hanno dato parecchia importanza ai benefici derivanti da oceani e mari, che comprendono più del 60% del prodotto interno lordo globale. In particolare, le attività economiche sulla costa sono linfa vitale delle nazioni costiere e insulari. Attraverso attività come la pesca sostenibile, la produzione di energia rinnovabile, l’ecoturismo e il trasporto navale ecologico, le nazioni sono riuscite a migliorare i tassi di occupazione e le condizioni medico-sanitarie diminuendo allo stesso tempo povertà, malnutrizione e inquinamento. Le economie basate sugli oceani forniscono più opportunità per l’emancipazione e l’occupazione delle donne, che costituiscono la maggiore forza lavoro per le attività secondarie nella pesca marina e nell’acquacoltura. Il risultato di un aumento dell’occupazione femminile include il rafforzamento della vitalità economica di comunità piccole e isolate e il miglioramento delle condizioni delle donne nei paesi in via di sviluppo.

Al contempo, le popolazioni costiere e insulari sono tra le più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico. Oceani, mari e aree costiere sono soggetti a eventi climatici estremi sempre più frequenti e intensi, tra cui violenti uragani, tifoni e cicloni, ma anche acidificazione oceanica, aumento del livello del mare e oscillazioni nella circolazione e salinità oceanica. Questi cambiamenti non sono avvertiti solo lungo la costa, ma anche nell’entroterra, a causa della grande influenza che le correnti oceaniche hanno sui sistemi climatici. Entro il 2050 si stima che da 50 a 200 milioni di persone in tutto il mondo saranno sfollate a causa degli impatti negativi del cambiamento climatico, minacciando la sicurezza alimentare, i mezzi di sostentamento e la stabilità sociale non solo nelle nazioni costiere e insulari, ma in tutti i paesi che assisteranno le popolazioni sfollate. Mitigazione e adattamento devono essere ottimizzati ulteriormente per fornire maggior supporto per la preparazione alle emergenze e risposta alle catastrofi, così come sistemi di allerta precoce, osservazione, pianificazione e gestione delle aree costiere.

Oceani e mari nell’agenda di sviluppo post-2015

Gli oceani e i mari sono stati evidenziati nel documento finale della Conferenza Rio+20, “Il futuro che vogliamo”. Tuttavia, dato che oceani e mari erano a malapena rappresentati negli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, con l’inizio del gruppo di lavoro aperto nel 2013, c’è stato il bisogno di un’ampia mobilitazione degli Stati Membri e della società civile per esprimere al meglio la centralità degli oceani per lo sviluppo sostenibile. Alcuni vedevano gli oceani e i mari principalmente come una questione ambientale, non pienamente consapevoli della loro importanza economica e sociale. A partire dall’estate del 2013, una grande spinta da parte degli Stati Membri guidati dai Pacific Small Island Developing States (le piccole isole in via di sviluppo nel Pacifico) e Timor-Leste e supportati dalla società civile, inclusa la Global Ocean Forum, ha spiegato al meglio il bisogno di un obiettivo riguardante gli oceani per la sopravvivenza planetaria, l’economia globale e nazionale e il benessere sociale. Le numerose opportunità per l’inserimento della società civile garantite dal Vice-Presidente del gruppo di lavoro aperto delle Nazioni Unite, il quale ha gestito un vero “processo aperto”, hanno contribuito all’adozione dell’Obiettivo 14, finito con l’essere supportato da un ampio numero e gamma di nazioni: in via di sviluppo e già sviluppate, costiere e interne, piccole isole e nazioni continentali.

Il complesso delle questioni riguardanti gli oceani e i mari è contenuto nell’Obiettivo 14, “conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”, che con i suoi sette target e le sue tre disposizioni relative alle modalità di attuazione è un obiettivo davvero importante. L’obiettivo in sé, i suoi target e le modalità di attuazione rinforzano e danno una nuova attenzione e urgenza alle prescrizioni internazionali esistenti su oceani e mari, emanate in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo del 1992, del Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile del 2002, della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile (Rio+20) del 2012, e della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, entrato in vigore nel 1994. Particolarmente degno di nota è il target 14.7 che esorta ad “aumentare entro il 2030 i benefici economici derivanti dall’uso sostenibile di risorse marine, anche attraverso la gestione sostenibile delle attività di pesca, itticoltura e turismo, alle piccole isole in via di sviluppo e ai paesi meno sviluppati”. Questa enfasi su maggiori benefici per queste due categorie di paesi è attesa da molto tempo e causerà un profondo cambiamento nelle scelte riguardanti la gestione degli oceani, in modo da evidenziarne gli impatti economici e sociali.

Potrebbe risultare difficile migliorare alcune disposizioni dell’Obiettivo 14, ma, secondo me, il complesso è parecchio buono e potrebbe essere adottato in gran parte così com’è dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un’importante aggiunta, se opportuna, sarebbe la disposizione di rafforzare l’amministrazione degli oceani, per esempio, rinforzare i processi decisionali riguardanti oceani e coste, anche attraverso l’attuazione delle leggi oceaniche e costiere e tramite lo sviluppo delle capacità.

Molti altri Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono collegati all’Obiettivo 14 e possono favorirne il raggiungimento, tra cui i seguenti obiettivi proposti: Obiettivo 1 (sulla povertà); Obiettivo 2 (sulla sicurezza alimentare); Obiettivo 6 (sulle risorse idriche e igienico-sanitarie); Obiettivo 7 (sull’energia); Obiettivo 8 (sulla crescita economica); Obiettivo 9 (sulle infrastrutture); Obiettivo 10 (sulla riduzione delle disuguaglianze); Obiettivo 11 (sulle città e gli insediamenti umani); Obiettivo 12 (sul consumo e la produzione sostenibile); Obiettivo 13 (sul cambiamento climatico); Obiettivo 15 (sulla biodiversità) e Obiettivo 17 (sulle modalità di sviluppo e partenariato). Tutto questo rispecchia dalla proposta del gruppo di lavoro aperto, così come indicato nell’introduzione al documento: “Questi obiettivi costituiscono un insieme integrato e indivisibile di priorità globali per lo sviluppo sostenibile…Gli obiettivi e i target integrano gli aspetti economici, sociali e ambientali e riconoscono le proprie correlazioni nel raggiungere lo sviluppo sostenibile in tutte le sue dimensioni.

 

[1] Presidente del Global Ocean Forum, Professoressa e Direttrice del Centro Gerard J. Mangone per la Politica Marittima, College of Earth, Ocean and Environment (CEOE), Università di Delaware, Stati Uniti.