RimanDati III Ed. – Il Report nazionale che indaga sullo stato della trasparenza degli enti territoriali in materia di beni confiscati

Libera presenta la terza edizione di “RimanDATI”, il Report nazionale che indaga sullo stato della trasparenza degli enti territoriali in materia di beni confiscati, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e che quest’anno si arricchisce di un prezioso contributo di ISTAT.

Il Report è stato realizzato grazie all’impegno e alla passione di oltre 100 volontari e volontarie, che hanno partecipato a un percorso di formazione e di confronto finalizzato sui comuni di tutt’Italia. L’analisi ha necessitato di due fasi di monitoraggio: la prima ha portato a individuare, su 1100 comuni totali, 504 comuni che pubblicavano già l’elenco; agli altri è stata inviata la domanda di accesso civico, ed è stato richiesto di renedere noti o aggiornare gli elenchi; la seconda fase ha interessato tutti i comuni che hanno risposto alla domanda di accesso civico semplice.

Alla fine di questa azione abbiamo registrato un notevole miglioramento: si è passati infatti dai 504 enti rilevati con la prima ricognizione ai 724 rilevati con la seconda, con un incremento della percentuale di circa 20 punti, dal 45,5% al 65,2%. Un importante balzo in avanti rispetto al 2022, quando la percentuale era pari 36,5% (392 comuni su 1073).

I dati presentati – commenta Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera – dimostrano la forza della comunità monitorante di Libera, che trova corrispondenza nei risultati raggiunti. Riteniamo fondamentale che accanto ai percorsi mirati a garantire il riutilizzo sociale, anche la conoscibilità e la piena fruibilità dei dati e delle informazioni sui patrimoni confiscati siano elementi di primaria importanza. In questo contesto, la trasparenza deve essere considerata anch’essa un bene comune. 

Il primato negativo in termini di trasparenza assoluti spetta ai comuni del Sud Italia (compreso le isole) con ben 248 comuni che non pubblicano elenco, segue il Nord Italia con 87 comuni e il Centro con 51.  A livello di singole Regioni, tra le più “virtuose” – quelle cioè che raggiungono o superano il 70% dei comuni che pubblicano l’elenco – registriamo la Liguria (87,5%), Emilia Romagna (84,4%), Puglia (79,8%) e Piemonte (78,2%). Rimandati con percentuale al di sotto del 50% troviamo Basilicata, Calabria, Lazio e Molise. Nello specifico delle singole regioni, val la pena rilevare come anche le 4 regioni ferme a 0 comuni adempienti nel 2022 (Basilicata, Molise, Trentino e Valle d’Aosta), nel 2023 facciano registrare un balzo in avanti. 

In generale i dati migliorano in tutte le regioni, con punte significative, considerato il peso regionale, per Campania, Piemonte e Liguria. Risale lentamente la Calabria che passa dal 18,8% dello scorso anno al 49,8% di questo. Lo stesso dicasi per la Sicilia, dove, a fronte del 29,9% del 2022, nel 2023 arriva al 56,5%. È bene in ogni caso ricordare che tali considerazioni vanno lette con la massima cautela, dato il numero significativo degli immobili confiscati che gli enti locali in queste regioni sono chiamate a gestire. Sono tre le Province assegnatarie di Beni confiscati che non pubblicano l’elenco: Crotone, Matera e Messina, mentre Calabria e Lazio, tra le regioni monitorate, sono le uniche a non pubblicare nulla.

“Stiamo attraversano un periodo, prosegue Tatiana Giannone, in cui dal governo arrivano segnali contrastanti sul sostegno agli enti locali: basti pensare a tutte le misure definanziate all’interno del PNRR, fino ad arrivare al disegno di legge sull’autonomia differenziata, che bloccherebbe lo sviluppo di intere aree del nostro Paese. Inoltre, sempre di più prende piede un approccio privatistico al tema del riutilizzo dei beni confiscati: nel dibattito pubblico si parla del tema della vendita e della rimodulazione delle misure di prevenzione, si banalizzano le criticità che affliggono la materia e si rafforza la brutta abitudine a piegare i numeri ai propri fini. Messaggi che convergono su una lettura superficiale e ingiusta, a partire dalla quale si getta un discredito generalizzato su uno strumento che, invece, ha consentito una vera e propria rivoluzione. Lo ribadiamo con forza e convinzione: combattere le mafie e la corruzione vuol dire attivare percorsi di giustizia sociale e farsi gambe per i diritti dei cittadini e delle comunità.”

Un approfondimento è stato fatto sulla modalità di pubblicazione dell’elenco, da cui dipende in maniera sostanziale la qualità dei dati messi a disposizione. Ai fini della nostra ricerca – che mira a stimolare la pubblicazione di dati pienamente e compiutamente fruibili e dunque in formato aperto – abbiamo considerato, nella percentuale dei comuni che pubblicano, esclusivamente quelli che lo fanno in formato tabellare. Tutte le altre tipologie di pubblicazione, nella valutazione complessiva, vengono associate alla categoria “elenco non presente”. Rispetto alle precedenti edizioni, si azzera il numero dei comuni che utilizzano formati totalmente chiusi mentre aumenta nettamente il numero dei comuni che pubblicano in formato aperto (passando dagli 82 del 2022 ai 238 del 2023) e in formato PDF ricercabile (da 260 del 2022 a 321 del 2023). Di contro, resta alto il numero dei comuni che proseguono nell’utilizzo di un PDF scansionato. Il monitoraggio ha riguardato anche altre informazioni fondamentali sulla vita del bene confiscato: il 6,4% dei comuni non specificano i dati catastali, sono il 4% gli enti che non specificano tipologia, il 6% l’ubicazione e ben il 30% non specificano la consistenza (informazioni sulla metratura o sugli ettari del bene confiscato).

FONTE E FOTO: Libera.it