Scienza e politica: come imparare a comunicare meglio per affrontare le sfide mondiali

 

Sessione plenaria del Comitato Scientifico Consultivo del Segretario Generale dell’ONU

Trieste 23 – 25 maggio 2016

Un recente Rapporto dell’Eppi Centre dello University College of London sottolinea come il rapporto tra scienza e policy making sia complesso e caratterizzato da dinamiche che evidenziano un gap culturale tra gli scienziati e i politici.
In particolare, tra questi due attori esisterebbe una profonda differenza nel tipo di comunicazione dei risultati e nello stabilire i tempi per la elaborazione di raccomandazioni. Colmare questo gap è fondamentale per raggiungere importanti obiettivi nel settore delle politiche umanitarie e in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Con questi obiettivi, mercoledì 25 maggio si è tenuta la sessione plenaria del Comitato scientifico consultivo del Segretario Generale dell’ONU (United Nations Scientific Advisory Board – UNSAB) dedicata al rafforzamento delle capacità scientifiche nei paesi in via di sviluppo.

L’incontro si è svolto nella  Budinich Lecture Hall del Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam di Trieste. La sessione si è svolta a chiusura di due giorni di lavori durante i quali un panel internazionale di scienziati ha discusso i temi chiave delle politiche di sviluppo globali. Tra questi: cambiamento climatico, salute, tradizioni locali da integrare nella scienza, agricoltura e sviluppo sostenibile.

Fabiola Gianotti, co-coordinatrice dell’incontro e direttore generale dell’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (Cern) ha sottolineato l’importanza della scienza e della formazione scientifica nel far fronte alle sfide del pianeta; sfide che riguardano la biodiversità, il cibo, la salute e la tutela del pianeta. Questi sono i temi  che il comitato ha indirizzato nei documenti che saranno presentati entro fine anno a Ban Ki-moon. “Stiamo anche formulando raccomandazioni su quanta parte del prodotto interno lordo i governi dovrebbero investire in ricerca e sviluppo”, ha detto la direttrice del Cern.

Joji Cariño, direttore del Forest Peoples Programme delle Filippine, ha sottolineato l’importanza di preservare le conoscenze e le tradizioni locali in un mondo che corre sempre più in fretta. “La diversità, anche culturale, è ciò che garantisce la resilienza del pianeta”, ha detto aggiungendo che le conoscenze e le tradizioni locali ci permetteranno di affrontare meglio anche i disastri naturali e il problema del cibo e delle relazioni interculturali. Dal 2009, secondo le stime di Unchr, le emergenze legate al cambiamento climatico e ai disastri naturali hanno generato esodi di massa, con la media di una persona ogni secondo che abbandona la sua zona di origine per un totale di 22, 5 milioni di persone.

La necessità di migliorare la comunicazione tra scienza e policy making è stata sottolineata anche dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Oecd), che in uno studio chiarisce la crescente importanza del ruolo della comunità scientifica nella determinazione di politiche che spaziano dalle emergenze sanitarie, di breve e lungo periodo, al cambiamento climatico. Il valore del parere scientifico – sottolinea l’Oecd – dipende da come è stato formulato e comunicato agli attori di riferimento.

Di quest’avviso è anche Carlos Nobre, Segretario alle Politiche di Ricerca e Sviluppo del Ministero della Scienza e della Tecnologia del Brasile premio Nobel nel 2007 e membro del Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC). Durante il suo intervento all’incontro  ha dichiarato: “Dobbiamo imparare a comunicare meglio,  non è sufficiente parlare di alta o bassa probabilità che un evento catastrofico si verifichi. Non è sufficiente dire ‘potrebbe accadere fra poco tempo…’. Bisogna fornire indicazioni temporali più accurate, ma soprattutto agire su fronti diversi, riducendo le emissioni e programmando politiche sostenibili di lungo termine.”

Anche Hayat Sindi, Presidente dell’Istituto per la creatività e l’ingegno di Jedda (Arabia Saudita), co-fondatrice e direttrice di “Diagnostics for all”, ha ribadito la necessità di legare indissolubilmente scienza e società, dicendo agli studenti delle scuole che la curiosità per la scienza è importante e che la scienza può veramente essere usata a beneficio di tutti, per ottenere acqua potabile, combattere i mali del secolo come la depressione e fornire cure e cibo a chi ne ha bisogno.

Tra i temi affrontati anche quello del ruolo svolto dalle donne nella scienza è stato sottolineato da un recente rapporto Unesco, che chiarisce come sia importante intervenire in ogni fase della carriera di una scienziata: soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, molte donne tendono ad abbandonare gli studi e la carriera accademica, secondo dinamiche che sono ben esemplificate nella figura qui di seguito.

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Pipeline che illustra l’iter medio della carriera di una ricercatrice nel settore scientifico

Tratta dal report Unesco science report- Towards 2030”

Il dialogo tra scienza e policy making non è quindi fondamentale solo per definire le politiche sulle emergenze di portata globale come il cambiamento climatico, ma punta altresì alla definizione di modelli politici che creino una cultura della valorizzazione della scienza di base, elemento indispensabile per la crescita sostenibile dei Paesi, soprattutto di quelli in via di sviluppo.

 

 di Sara Moraca