Lunedì 22 gennaio alle 19:30, da oTTo in via Paolo Sarpi 10 a Milano, Valentina Tamborra, giovane fotografa appassionata di reportage e ritrattistica, racconterà attraverso le sue fotografie le storie dei migranti sfollati nell’hotspot di Moria, sull’isola di Lesbo.
Insieme a lei, saranno presenti Davide De Luca, giornalista de Il Post, e Alessandro Jachetti, medico e operatore umanitario di Medici Senza Frontiere (MSF).
Raccolti in un unico, appassionante viaggio fotografico, gli scatti di “Lesbo: storie di migranti” fanno parte del più ampio progetto “La sottile linea rossa”, sviluppato tra settembre e dicembre 2017 dalla fotografa in collaborazione con MSF per testimoniare il drammatico quotidiano dei migranti bloccati a Ventimiglia – al confine tra Italia e Francia.
Gli scatti della nuova serie fotografica portano da Ventimiglia, dove centinaia di persone restano intrappolate in un lembo di terra nella vana speranza di poter passare il confine, all’hotspot di Moria. Qui, ben 6000 migranti – in gran parte di origine afghana, siriana e irachena – lottano per la sopravvivenza in un campo destinato ad ospitare un massimo di 2000 persone, in attesa di asilo politico o di poter essere rimpatriati. Ma, per loro, “attesa” a volte può voler dire mesi, altre anni.
“Ho raccolto le loro storie. I loro volti. E ora ve li restituisco”. È così che Valentina Tamborra decide di testimoniare e portare alla luce la brutalità delle condizioni che, sempre di più, mortificano la dignità di migliaia di persone straziate dal freddo e dal sovraffollamento.
Una dignità relegata all’angolo di una tenda sporca e striminzita, una dignità dimenticata. Ma forse, ancor prima, una dignità negata. “Volti che si sovrappongono. Storie che non si raccontano. Uomini e donne privati dell’identità ma catalogati, etichettati come merce”, riporta la fotografa.
“Lesbo: storie di migranti” racconta tutto questo senza troppe parole, ma con la forza delle immagini e degli sguardi dei loro protagonisti di comunicare sentimenti, sofferenze e storie celate. Perché, usando le parole di Valentina, “i migranti hanno un nome, un’età, una famiglia, delle speranze, una storia. […] Sono migranti, sì. Ma prima di tutto sono persone”.
Sono persone stanche delle proprie condizioni, ma ancora in piedi e in cerca di uno spiraglio di luce. Proprio come il nonno di 70 anni che – come riporta Valentina – non fa che ripetere “doctor, doctor”, l’unica parola appresa per necessità in attesa di un medico che possa occuparsi di lui.
Autrice (tra gli altri) nel 2017 di un reportage fotografico sui Chokora (ragazzi di strada di Nairobi), e del progetto “Giocare è una cosa seria”, una raccolta di immagini e testimonianze delle famiglie delle zone terremotate delle Marche, Valentina Tamborra apre il 2018 con un nuovo reportage che prende di petto, con crudo realistismo, una delle questioni più grandi e irrisolte della nostra epoca.