di Maria Pirro
“Con l’aumento della domanda di forniture mediche e dispositivi di protezione individuale, la pandemia ha dato nuove opportunità di business alle organizzazioni criminali. Approfittando della scarsità di beni essenziali, questi gruppi si sono infiltrati nella catena degli appalti attraverso la produzione e la distribuzione di prodotti, mettendo sul mercato prodotti spesso scadenti e, nel caso delle mascherine, per lo più inadatte a fornire alcuna protezione dal virus”.
Antonia Marie De Meo, neodirettrice dell’Unicri, Istituto per la Ricerca sul Crimine e la Giustizia delle Nazioni Unite, lancia l’allarme sull’aumento dei reati. E, nell’intervista esclusiva al Mattino, la prima da quando si è insediata nel suo ufficio a Torino, affronta anche le altre principali emergenze internazionali, e annuncia una visita a Napoli. Da qui, la sua famiglia paterna è emigrata negli Stati Uniti (“Cento anni fa, oggi non conosco i miei parenti. Ma mi piacerebbe approfondirne la storia”).
Con il Covid-19, i clan mettono a repentaglio la salute dei più deboli. Come riescono ad accedere al settore?
“Imprenditori, intermediari, broker e avvocati corrotti sono “punti di ingresso” nella sfera economica e politica per il reinvestimento di capitali, in aggiunta la criminalità si avvale dei canali commerciali che controlla da decenni e che coinvolgono il commercio di prodotti contraffatti”.
E Napoli è la centrale del mercato illegale…
“Ha un ruolo nella rete transnazionale, come emerge da una ricerca che abbiamo condotto con la Procura di Napoli e la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo: la cooperazione tra paesi dunque è fondamentale per contrastarli. Negli ultimi tre mesi, abbiamo formato 1000 operatori in tutto il mondo sulle sfide associate alla pandemia”.
Parla di sfide al plurale, perché?
“In questi mesi gruppi criminali e terroristici (inclusi i trafficanti di droga), hanno distribuito cibo e mascherine e usato i social per apparire come i Robin Hood della situazione. Alcune organizzazioni criminali hanno tentato di sostituirsi alle istituzioni governative, adottando misure come il lockdown. In Messico, i gruppi criminali hanno etichettato le cassette degli aiuti con il loro nome o logo. E, da gennaio ad aprile 2020, l’Interpol ha rilevato 907.000 messaggi di spam, correlati al Covid-19”.
Un’altra emergenza è il Libano, dopo le esplosioni. È preoccupata?
“Sì, molto. Con le autorità libanesi e l’Ue, stiamo lavorando per mitigare i rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari. Qui, e in altri 61 Paesi, cerchiamo di dare forma a nuovi modelli e standard di cooperazione internazionale basati su una percezione comune delle minacce, proprio per prevenire incidenti dovuti all’uso improprio di materiali pericolosi”.
La Libia è un’altra polveriera, anche per la questione dei migranti…
“La migrazione di per sé non è un problema e dovrebbe essere gestita nel rispetto dei di ritti umani e delle leggi umanitarie internazionali. Nella mia precedente veste di rappresentante dell’Ohchr mi sono occupata del fenomeno dovuto a povertà, disoccupazione e violenza diffusa. Ma incide anche la proliferazione di informazioni imprecise sui social, che evidenziano solo le rare storie di successo, nullificando le campagne di sensibilizzazione nei paesi di origine”.
Le nuove tecnologie possono essere un valido alleato nella lotta al crimine?
“Con il sostegno del Cern e la Dda, abbiamo dimostrato come i Big Data possano consentire di individuare correlazioni criminali nascoste”. C’è un nesso tra migrazione irregolare, criminalità organizzata e terrorismo? “Sì, ma il problema non sono i migranti e i rifugiati. In Libia, ad esempio, criminalità e conflitti sono spinti da gruppi armati. Anche il terrorismo non è direttamente collegato al fenomeno, ma i migranti sono esposti al reclutamento a causa della loro vulnerabilità”.
Ritiene siano efficaci le sanzioni contro la violazione dell’embargo sulle armi in Libia annunciate da Italia, Francia e Germania?
“Non è sufficiente nemmeno il sostegno finanziario e tecnico in Libia per contrastare i flussi migratori, soprattutto di fronte a violazioni e abusi dei diritti umani contro i migranti e i rifugiati da parte degli enti governativi. È essenziale affrontare le cause profonde delle vulnerabilità dei paesi di origine, promuovere il rafforzamento economico e l’integrazione dei migranti nelle comunità locali”.
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