In data 3 Dicembre 2015 si è tenuta presso la Sala Stampa Estera la presentazione del Rapporto UNFPA, in contemporanea mondiale. In Italia il Rapporto è lanciato da AIDOS – Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo, che ne curerà la successiva edizione italiana.
Il dottor Carlo Ciavoni (La Repubblica) modera l’incontro e coordina gli interventi che seguono.
Giampaolo Catini, Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo – MAECI
Le crisi umanitarie e politiche oggi presentano dei numeri impressionanti: 218 milioni di persone coinvolte, 60 milioni di persone in movimento (il numero comprende rifugiati, richiedenti asilo e migranti “climatici”), 4 milioni di rifugiati dalla Siria.
Non si può più parlare di “emergenza” ma di crisi protratte: la durata media è di 17 anni.
Le categorie vulnerabili (donne, bambini, adolescenti) sono a rischio di violenze, emarginazione, violazione dei diritti umani, in alcuni casi si è arrivati a forme di schiavitù (come le ragazze yazite in Iraq).
La Cooperazione allo Sviluppo ha sostenuto molti progetti, ad esempio quelli dell’UNICEF per le ragazze yazite, dell’UNFPA e di altri. Il sostegno fornito è prevalentemente legale, è sostegno allo sviluppo, alle azioni dei governi e della società civile, volte alla promozione dell’empowerment.
Nella Cooperazione allo Sviluppo sarà sempre più centrale l’istruzione, oltre alla lotta alla mutilazione femminile, ai matrimoni precoci e forzati.
Un altro punto fondamentale sarà formare gli operatori con un approccio integrato, mainstreaming.
Il sistema dell’assistenza umanitaria oggi è in crisi: i principi stessi (come la neutralità) non sono più rispettati, i tempi delle crisi sono protratti, i finanziamenti sono esigui.
Giulia Vallese, rappresentante UNFPA in Nepal
Centralità dei bisogni specifici di donne e ragazze nelle situazioni di emergenza: manca la protezione della famiglia e della comunità e diventano maggiormente esposte alle violenze, ai matrimoni precoci, al traffico.
Oggi circa 1 miliardo di persone vivono in aree di conflitto, mentre ogni giorno 507 donne muoiono nel mondo durante il parto per mancanza di assistenza sanitaria.
L’UNFPA ha lanciato la campagna “Dignity First” che pone il tema della dignità in primo piano.
Nel rapporto di quest’anno il termine “tempesta” evoca la crisi ed anche la protezione necessaria: è un appello ai governi a fare di più. La maggior parte dei fondi messi a disposizione viene spesa per la ricorstruzione, mentre alla prevenzione è destinata una quota minima (5 centesimi).
Inoltre il Rapporto contiene diverse raccomandazioni: aumentare l’investimento nella prevenzione e nella resilienza, abbattere il muro tra i programmi per lo sviluppo e quelli di genere (ad esempio, tenere conto delle problematiche di genere nell’organizzazione dei campi, collocando i bagni delle donne lontano da quelli degli uomini e predisporre un percorso sicuro, ovvero illuminato, per raggiungerli).
Maria Grazia Panunzi, presidente AIDOS
AIDOS porta avanti molti progetti in zone di conflitto.
In Giordania è presente da oltre 20 anni ed ha attuato diverse strategie con partner locali, lavorando molto sull’empowerment delle donne.
In Nepal presta assitenza allo staff.
In Siria fornisce servizi per la salute e la prevenzione, nonchè servizi per la sessualità e la riproduttività.
AIDOS sostiene l’Agenda 2030 nel contrasto alle situazioni di crisi. In particolare, fa proprio l’Obiettivo n. 3, ovvero garantire la salute ed il benessere a tutti e a tutte le età, anche attraverso l’informazione, e l’Obiettivo 5 che promuove l’uguaglianza di genere, la lotta alla discriminazione, il sostegno all’emancipazione di donne e ragazze.
L’Agenda è trasformativa, univesale e presenta una visione ampia per lo sviluppo sostenibile. Tuttavia essa non cita i diritti sessuali e riproduttivi, che auspicabilmente verranno integrati nella revisione triennale.
Cristina Franchini, UNHCR
Il focus è sulla condizione dei rifugiati in Italia e nel mondo ed in particolare sulle donne all’interno delle migrazioni forzate.
UNHCR intende dare voce alle donne, affinchè da vittime diventino esempi di pace e resilienza.
Chi sono i rifugiati? La definizione di rifugiati è espressa dalla Convenzione di Ginevra (1951). Si tratta di una definizione tecnica che tuttavia è fondamentale affinchè lo status di rifugiato venga riconosciuto. L’articolo 1 identifica le cause della persecuzione (religione, razza, etc.) e tra queste non include il genere. Successivamente la Convenzione di Istanbul (2011) stabilisce che anche le persecuzioni di genere (matrimoni precoci, violenza, tratta) sono fattispecie che consentono il riconoscimento dello status di rifugiato.
Quanti sono i rifugiati? 60 milioni di rifugiati forzati nel 2014, con percentuale circa del 50% tra maschi e femmine. Nel 2015 gli arrivi via mare nel Mediterraneo sono stati 889.380.
Le categorie vulnerabili sono a fortissimo rischio di abusi.
“Uno su tre è donna o un bambino: sono loro i più vulnerabili durante i lunghi viaggi per fuggire alla guerra”[UNHCR]
L’UNHCR si adopera per trovare soluzioni: 1. innanzitutto identificare il trauma e dunque assicurare la presa in carico della persona; 2. prevenire la violenza durante il percorso migratorio (ad esempio non separare le famiglie o assicurarne la ricongiungione nel minor tempo possibile); 3. costruire e ricostruire ascoltando le donne e dare loro l’opportunità di aiutarsi da sole.
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Durante il dibattito finale emergono alcuni punti fondamentali: innanzitutto definire regole e protezione per le categorie più vulnerabili.
La violenza sessuale si presenta come un problema molto complesso con connotazioni culturali; è di difficile presa in carico. È presente in tutte le emergenze, anche nei campi. La violenza non viene quasi mai denunciata per evitare la stigmatizzazione, il rifiuto della famiglia e della comunità.
L’AIDOS sta portando avanti in Parlamento un lavoro sulla salute delle donne. Sono state presentate mozioni su temi di genere (ad esempio i matrimoni precoci) e rafforzate le azioni volte a creare consapevolezza. Bianca Pomeranzi prende la parola per riferire del grande impegno portato avanti nella lotta contro le discriminazioni e nel dialogo con la Siria e la Repubblica Centroafricana.
Cita come riferimento la Risoluzione ONU n. 1325 su “Donne, Pace e Sicurezza”e n. 1580.
È fondamentale che ci sia un coinvolgimento della società civile contro la violenza di genere, sia nella raccolta dei dati sia nella disseminazione dell’informazione.
Infine, si dibatte del rapporto tra assistenza e sviluppo. Se all’emancipazione non segue lo sviluppo, la donna è ancora più esposta all’emarginazione e al rischio di non trovare posto nella comunità di origine. È importante rafforzare le ONG locali, che hanno grande comprensione del contesto e, attraverso queste, rafforzare la comunità affinchè possa diventare resiliente.