Il 19 agosto 2003 un attacco terroristico a Baghdad colpì il quartier generale delle Nazioni Unite causando la morte di 22 persone, tra cui Sergio Viera de Mello, Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite in Iraq.
Nel 2008, cinque anni dopo, l’Assemblea Generale adottò la Risoluzione A/RES/63/139 con la quale il 19 agosto veniva designato Giornata mondiale dell’aiuto umanitario. In questo giorno la comunità internazionale rende omaggio al lavoro degli operatori umanitari e ribadisce l’importanza di garantire la protezione delle persone che vivono in aree di crisi.
“I civili non sono un bersaglio” è il tema della giornata 2018: un’occasione importante per ricordare i milioni di civili che ogni giorno subiscono le conseguenze dei conflitti armati. La campagna è stata lanciata nel 2017 e ha mobilitato più di due milioni di persone con l’obiettivo di richiamare l’attenzione dei leader mondiali affinché facciano tutto ciò che è in loro potere per tutelare i civili nelle zone di conflitto.
Uomini, donne e bambini nelle aree di guerra, lottano ogni giorno per la sopravvivenza, cercando di trovare un rifugio, di procurasi cibo e acqua, mentre le loro case e le scuole vengono distrutte. Spesso i bambini vengono strappati alle famiglie e obbligati a combattare. Le donne subiscono abusi e umiliazioni. Gli operatori umanitari e i medici (in prima linea per arginare le crisi), diventano un bersaglio, sono spesso percepiti come una minaccia e vengono ostacolati nel loro lavoro.
Richiamando al rispetto dei principi riconosciuti dal diritto umanitario, la Risoluzione S/RES/2417 del maggio 2018 condanna fermamente lo sfruttamento della privazione di cibo come metodo di guerra e il diniego d’accesso ai servizi umanitari (qui ricompresi i meccanismi di risposta all’insicurezza alimentare derivante da situazioni di conflitto armato).
L’ultimo Rapporto del Segretario Generale dell’ONU sulla protezione dei civili nei conflitti armati fornisce un resoconto sul numero di civili che nel 2017 hanno perso la vita o sono rimasti feriti nelle zone di guerra. Nel testo sono riportati i casi di sparizione, le deportazioni e i frequenti attacchi agli operatori umanitari. Il documento sottolinea inoltre l’importanza delle operazioni di mantenimento della pace condotte dalle Nazioni Unite come strumento per proteggere la popolazione civile nelle aree a rischio.
Tutte le parti coinvolte nelle missioni di pace, inclusi il personale civile, i militari e le forze dell’ordine, svolgono un ruolo importante nella protezione dei civili. Questa è una responsabilità condivisa da tutti gli attori, umanitari e non, che hanno il compito di ridurre i rischi e di garantire il rispetto dei diritti delle persone, siano esse colpite da disastri naturali o da conflitti armati.
Nello Yemen un’epidemia letale di colera ha ucciso più di 9.000 persone. I servizi sanitari e le infrastrutture idriche e sanitarie stanno colassando a causa della guerra. In Iraq, Siria, Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, in Nigeria e altrove, migliaia di donne e ragazze che hanno subito violenze sessuali e altre forme di traumi necessitano urgentemente di protezione e assistenza.
L’Ufficio internazionale delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) ha ideato una campagna digitale in cui si invitano cittadini, decisori politici, celebrità e rappresentanti del settore umanitario a firmare una “petizione vivente” attraverso i social media.Volti, nomi e luoghi saranno proiettati su una scultura creata per l’occasione. Tante voci da tutto il mondo per ribadire l’importanza di sostenere i civili coinvolti nei conflitti.
Per ulteriori informazioni sulla campagna #NotATarget e sulla giornata internazionale consultare il sito https://www.worldhumanitarianday.org/
Il filmato racconta la stroria di quattro bambini che vivono ad Aleppo, dove infuria la guerra.
FOTO: “UN Helicopter Delivers Relief Aid to Earthquake-hit Pakistan”, © UN Photo/Evan Schneider. UN Photo