Viviamo in tempi spaventosi e la paura è il nostro peggior consigliere – Memorie da Baghdad

Baghdad 19 agosto 2003: Una bomba ha ridotto in macerie la sede dell’ONU a Baghdad, l’Hotel Canal, uccidendo 22 persone e ferendone più di 100. Tra i morti Sergio Vieira de Mello, il Rappresentante Speciale dell’ONU in Iraq.

Tre piani dell’edificio sono crollati. Alice Yacoub, un’impiegata delle Nazioni Unite, stava seduta nella caffetteria  dell’edificio quando c’è stata l’esplosione.

“Tutto è crollato sopra di noi, non riesco a trovare i miei colleghi, temo per loro!”

L’attentato fu uno dei più gravi nella storia delle Nazioni Unite.

Il portavoce dell’Onu, Salim Lone, ha raccontato: “Sergio mi aveva chiesto di preparare un discorso sull’uccisione di un cameramen della Reuters (…), voleva che scrivessi anche sui gravi problemi di sicurezza in Iraq. Questo lavoro mi ha salvato la vita, se non avessi dovuto prepararlo avrei partecipato all’incontro che si stava tenendo nell’ufficio  di Sergio  quando è eplosa la bomba (…)

È stato devastante. Ero al computer, i vetri della finestra sono andati in frantumi, gli infissi… tutto è crollato. Sono corso in corridoio: persone gravemente ferite, i loro volti coperti di sangue (…).  Panico dovunque. Appena usciti dall’edificio amici e colleghi feriti stesi a terra e soccorsi da altri meno gravi. Un collega palestinese, Marwan Ali, sfidando le regole di sicurezza, è tornato nell’edificio per portare aiuto. Ha trovato Lynn Manuel, l’assistente di Sergio, vicino al suo ufficio. Non stava in piedi, è riuscito a portarla fuori”.

Secondo alcuni testimoni la betoniera, che si sospetta trasportasse la bomba, era stata parcheggiata appena fuori l’Ufficio di de Mello poco prima dell’esplosione, alle 16. 45 ora locale.

Un funzionario dell’ONU ha dichiarato che molti corpi sono sepolti sotto le macerie. Un gran numero di essi è irriconoscibile e sarà necessario il test del DNA per identificarli.

Abdul Rahman al-Apshan, fisioterapista dell’ospedale vicino alla sede dell’ONU ha raccontato: “Improvvisamente sono stato sollevato da terra e sono poi ricaduto. Non ci aspettavamo niente di simile.”.

David Marshall, un avvocato dell’ONU era all’Hotel Canal quando la bomba è esplosa: “Ho visto un enorme cratere vicino al luogo in cui credo che Sergio stesse tenendo un incontro. Ci hanno chiesto di allontanarci… quel luogo era diventato la scena del crimine”.

Sergio Vieira de Mello era entrato nelle Nazioni Unite nel 1969. Aveva condotto con successo missioni umanitarie e di mantenimento della pace in Bangladesh, Bosnia, Cambogia, Cipro, Timor Est, Libano, Mozambico, Peru e Ruanda. Era Alto Commissario per i diritti umani quando ricevette l’incarico di Rappresentante Speciale dell’ONU in Iraq.

Sergio Vieira de Mello diceva spesso: “Vado a cercare guai. Perché nei guai trovo la verità e la realtà dei fatti”.

“Viviamo in tempi spaventosi e la paura è il nostro peggior consigliere”. In una delle sue ultime conferenze stampa salutò i giornalisti “I miei auguri di cuore, cari amici. Pregate per me”.

Appena arrivato a Baghdad Sergio Vieira del Mello si presentò così: “Sono qui con il compito di assistere il popolo iracheno a ottenere la libertà e la possibilità di essere padroni del proprio destino.”

“Ogni persona che vive in questo paese, ogni donna, uomo e bambino ha dei diritti che devono essere promossi e protetti”.

Di lui si è detto: Non si è mai infangato, anche se così spesso ha dovuto avanzare nel fango”… “per lui il dialogo era l’unica soluzione possibile e il suo lavoro si basava su un concetto molto semplice: ogni essere umano merita rispetto e dignità. Quante guerre sono iniziate a causa dell’arroganza, dell’indifferenza della mancanza di interesse verso le ragioni degli altri?”.

I suoi risultati sono tra quelli che normalmente non vengono celebrati o notati: ha orchestrato il ritorno di centinaia di migliaia di rifugiati, negoziato accordi di smobilitazione, ha aiutato a preparare costituzioni e piani elettorali e ha guidato un paese come Timor Est verso l’indipendenza.

Disse di lui Bernard Kouchner: “Sergio è morto e per noi è morto come muore un attivista, non come un burocrate internazionale. Un attivista dei diritti umani e della pace e un uomo giusto che ha lottato contro tutte le forme di estremismo”.

Kofi Annan, ricordando un’altra vittima dell’attentato, Nadia Younes, dichiarò: “Dobbiamo impegnarci a costruire un mondo nel quale nessuna nazione, nessuna comunità siano puniti collettivamente per i crimini di pochi, un mondo nel quale nessuna religione sia demonizzata per le aberrazioni di alcuni dei suoi accoliti; un mondo nel quale non vi siano conflitti di civiltà perché la gente ambirà a scoprire il meglio  nelle tradizioni, e culture degli altri e cercherà di imparare da questo”.

Un anno prima di morire a Baghdad, Jean-Sélim Kanaan scriveva nel suo libro La mia guerra all’indifferenza:

«Le crisi umanitarie sono sempre crisi politiche… Dio sa quanto male la gente arrabbiata può fare… La Guerra resta incomprensibile per coloro che non l’hanno fatta e certamente è meglio così…

Nel posto da cui vengo [era appena stato in Bosnia) un popolo muore assassinato sotto i colpi dei nazionalismi oscurantisti stupidi e retrogadi… Ho visto morire uomini e donne, ho visto bambini urlare per il dolore in letti intrisi di sangue, ho visto corpi abbandonati sul bordo della strada. Ho visto sulle case il risultato della violenza cieca e gratuita. Ho visto la speranza in fondo a tanti sguardi desolati, poi ho visto quella stessa speranza spegnersi, schiacciata dal peso della nostra indifferenza. Sono colpevole o complice? Qualcuno mi spieghi la ragione di tutta questa sofferenza. Nessuna ragion di stato può giustificare la morte di un bambino e ancor meno l’abbandono puro e semplice di un intero popolo.

Non posso esprimere i miei sentimenti perchè quello che ho visto è troppo orribile e agghiacciante. Dal 12 maggio di quest’anno [1993, giorno in cui Jean-Sélim arriva nella ex Jugoslavia con Médecins du Monde, ndr] sono meno fiero di essere europeo. Provo vergogna all’idea di appartenere al campo dei vigliacchi e degli imboscati. Continuo a credere che la democrazia, i diritti dell’uomo e la giustizia siano acquisizioni fondamentali dell’umanità. Per quanto ancora continueremo a chiudere gli occhi? Ci vorrà un vero genocidio perchè ci si decida a fare qualcosa? La guerra non è un’espereinza esaltante: è un’esperienza della condizione umana in ciò che ha di più straordinario e di più squallido”.

Jean-Sélim scriveva da Sarajevo: I diritti dell’uomo non avevano più alcun senso. Potevi essere ucciso a un posto di blocco solo perché il tuo nome sembrava musulmano. E la cosa peggiore era che il tipo che ti stava di fronte, quello che ti sparava, era tale e quale a voi e a me… parlava inglese, aveva visto gli stessi film, ascoltato la stessa musica, praticato gli stessi sport di qualunque altro giovane europeo. I suoi genitori avevano una casa in campagna e gli avevano regalato una Golf GTI per il suo compleanno. Dopo la maturità aveva fatto una vacanza studio a Vienna o Parigi. E cercava di ammazzarmi in mezzo alla strada ogni volta che andavo a comprare il pane. »

Le 22 vittime dell’attentato di Baghdad non saranno mai dimenticate. Nessuna vittima del terrorismo deve essere dimenticata. La promessa di portare avanti la loro ricerca di pace è il miglior tributo per onorare la loro memoria.

FOTO: FOTO: “Wreath-laying Ceremony to Commemorate 21st Anniversary of Baghdad Bombing”, ©  UN Photo/Evan Schneider. UN Photo