La pandemia ha portato con sé inusitate sfide al godimento dei diritti umani e ci ha ricordato che tutti i diritti sono stati toccati dalle misure prese per fronteggiare il virus. Il diritto alla vita e alla cura, ad esempio, va rispettato non solo quando la vita umana non subisce interferenze violente o nefaste, ma anche quando le vengono prestate l’assistenza e la cura necessarie. Oppure il diritto alla libertà e alla sicurezza, alla vita privata e familiare e alla protezione dei dati sensibili; il diritto alla religione, all’informazione, all’espressione del proprio pensiero, ad associarsi, a riunirsi, per non parlare del diritto alla mobilità e a stabilire la propria residenza. E che dire di quei diritti sociali che hanno enormemente sofferto?
Dal diritto all’educazione, con attività scolastiche e universitarie sospese per lunghi periodi o trasferite in modalità «remota», al diritto al lavoro, colpito sia sul fronte del diritto di impresa che su quello del lavoro dipendente, fino al diritto all’assistenza sociale e sanitaria, volti a contenere il Covid e a combattere ogni altra malattia e disagio. Dentro questo spettro amplissimo di diritti negati o limitati, a subire il carico maggiore sono sempre i gruppi più vulnerabili: le donne, i bambini, gli anziani (specialmente chi vive in residenze protette), le persone con disabilità, i detenuti, ma anche i migranti, i richiedenti asilo, i rom e le persone senzatetto.
Qual è stato dunque l’impatto del Covid-19 sui diritti umani?
Il volume curato dal CeSPI risponde a questa domanda attraverso un’attenta analisi dei dati, mettendo a confronto la situazione attuale con quella degli anni precedenti. Coprendo uno spazio temporale che va dall’inizio della prima ondata alla fine della terza ondata, con le riaperture di maggio 2021, il tema dei diritti umani è affrontato in modo olistico e interdisciplinare, grazie al contributo di autori provenienti da contesti differenti, come accademia, terzo settore, istituzioni e centri di ricerca.
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Fonte: CeSPI