La Giornata internazionale contro la violenza sessuale nei conflitti armati è stata introdotta il 19 giugno del 2015 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite tramite la Risoluzione A/69/L.75 per porre fine a una pratica disumana e per onorare le migliaia di vittime della violenza sessuale nei conflitti.
Questa data coincide con l’adozione della Risoluzione 1820 del 2008 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha riconosciuto la violenza sessuale come una strategia di guerra e come minaccia alla pace e alla sicurezza mondiali.
Nella Risoluzione, si riconosce che lo stupro e altre forme di violenza sessuale possono costituire crimini di guerra e crimini contro l’umanità e si chiede l’immediata e completa cessazione di atti di violenza sessuale contro i civili, da parte di tutti gli attori coinvolti in un conflitto armato,.
Nello stesso periodo dell’adozione della giornata, nel giugno del 2015, Zainab Bangura, Rappresentante Speciale del Segretario Generale per la violenza sessuale nei conflitti armati, incontrò alcune vittime di violenza sessuale da parte dei terroristi dell’ISIS raccogliendo le testimonianze di trattamenti brutali come il matrimonio forzato e la schiavitù sessuale di circa 1500 donne.
La giurisprudenza penale internazionale comprende nella definizione di “violenza sessuale” nei conflitti non solo l’atto sessuale stesso bensì anche anche le offese verbali di carattere sessuale, lo stupro, la schiavitù sessuale, la prostituzione forzata e qualsiasi altra forma di violenza sessuale direttamente o indirettamente collegata (temporalmente, geograficamente o causalmente) a un conflitto. La violenza sessuale è considerata anche un atto che rientra nel crimine di genocidio, in particolare negli atti materiali denominati “lesioni gravi all’integrità fisica e mentale dei membri del gruppo” e nelle “misure destinate a impredire la riproduzione del gruppo”. Nella giuriprudenza internazionale le forme più evidenti dell’intento di rimozione della capacità riproduttiva del gruppo sono la sterilizzazione forzata, il controllo forzato delle nascite, il divieto di matrimonio, la segregazione dei sessi, le mutilazioni sessuali e lo stupro inteso a provocare una gravidanza forzata. L’art. 7 (2) par. (f) dello Statuto del Tribunale Penale per la ex Jugoslavia ha definito l’inseminazione forzata come “la reclusione di una donna sottoposta a stupro con lo scopo di alterare la composizione etnica del gruppo”.
Nella sentenza Karadžić and Mladić del Tribunale Penale dell’ex-Jugoslavia, si afferma che in alcuni campi di prigionia si praticava lo stupro allo scopo di generare figli di origine serba; le donne venivano poi recluse per impedire l’aborto.
In passato la violenza sessuale è stata accettata e considerata come una conseguenza inevitabile del conflitto armato ma fu proprio durante la guerra nell’ex-Jugoslavia che la larga diffusione e la sistematicità delle violenze sessuali ha richiamato l’attenzione delle Nazioni Unite.
Oggi, la violenza sessuale è riconosciuta come una strategia deliberata per distruggere, controllare e intimidire le comunità. Come ha osservato il Segretario Generale Ban Ki-moon “Essa rappresenta una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, una grave violazione del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, e uno dei principali ostacoli nel post-conflitto per la riconciliazione e lo sviluppo economico”.
Di recente, un caso di schiavitù sessuale all’interno di un conflitto armato è stato perseguito per la prima volta da un tribunale nazionale. Due sentenze storiche sono emesse in Guatemala nel febbraio 2016 contro due ex comandanti: Francisco Reyes Giron e l’ex commissario Heriberto Valdez Asij sono stati riconosciuti colpevoli di aver ridotto in schiavitù sessuale 15 donne, durante il conflitto civile durato 36 anni. I rei sono stati condannati a un totale di 360 anni per crimini contro l’umanità.
A marzo, anche la Corte Penale Internazionale ha emesso per la prima volta una condanna per schiavitù sessuale come crimine di guerra contro Jean-Pierre Bemba, comandante del MLC (Movimento di Liberazione del Congo).
Colpire le donne dell’esercito nemico significa anche colpire la fondamenta del gruppo avversario poiché la donna è colei che dà la vita e garantisce la discendenza delle comunità. Nel 2013, anche un Tribunale penale speciale in Guatemala, nel caso Rios Montt, ha affermato che nella cultura maya, il ruolo della donna nella conservazione e nella trasmissione dei valori fondamentali è predominante e dunque l’appropriazione fisica attraverso lo stupro e la gravidanza forzata contribuisce a indebolire la loro figura all’interno del gruppo.
La violenza sessuale, usata come strategia di terrore, viene considerata estremamente grave. Secondo Ban Ki-moon, Da’esh (noto anche come lo Stato Islamico dell’Iraq o ISIL), Boko Haram e altri gruppi estremisti stanno usando la violenza sessuale come un mezzo per attirare i combattenti e per ottenere denaro attraverso i riscatti. Zainab Bangura, dopo aver ascoltato le testimonianze delle vittime dell’ISIS, nel giugno 2015, ha affermato che quella in corso in Medio Oriente è una guerra combattutta sul corpo delle donne, usato come un campo di battaglia per colpire le comunità yazide e cristiane.
L’evento principale organizzato all’interno delle Nazioni Unite per commemorare la prima Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti si terrà nella sede delle Nazioni Unite a New York il 21 giugno 2016.
In occasione della Giornata, sono stati organizzati eventi anche in Italia. A Roma, il 17 giugno, verrà presentato un libro “Stupri di guerra e violenze di genere”, a cura di Simona La Rocca alla quale parteciperanno la Senatrice Giuseppina Maturani, Vice Presidente Gruppo PD Fabrizio Battistelli, Presidente Archivio Disarmo, Flavia Lattanzi, Professore di diritto internazionale della Luiss e Giudice del Tribunale Penale Internazionale per la ex-Jugoslavia e del Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda, e Vittoria Tola, Responsabile nazionale dell’Unione Donne in Italia.
Presso la Casa Internazionale delle Donne, il 21 giugno si terrà una conferenza dal titolo “Ferite Dimenticate: Prospettive di Genere sulla Violenza Sociale” organizzato dall’ Associazione “Differenza Donna” e dall’Università del Kent.
Articoli di approfondimento:
Quando lo stupro significa più della violenza sessuale- di Elisabetta Mainenti