La Giornata dei Diritti Umani si celebra ogni anno il 10 dicembre. Dopo Se di Rudyard Kipling e Imagine, ecco un nuovo video degli Storytellers for Peace (Narratori per la Pace). Nove narratori provenienti da tutto il mondo raccontano le loro storie sui diritti umani (con sottotitoli in italiano e inglese): https://www.youtube.com/watch?v=qZutE8ovYs4
In ordine di apparizione (con traduzione dei vari contributi):
Beatriz Montero (Spagna)
8 ottobre 2016 – Pinto, Madrid, Spagna.
Antonio e María del Carmen, due anziani audiolesi, vengono sfrattati dalla loro casa. Non possono leggere o scrivere.
8 febbraio 2011 – Egitto.
Wael Ghonim, dirigente di Google, è stato arrestato. E’ stato bendato per 12 giorni. Non poteva sentire. Non sapeva cosa stava succedendo.
30 dicembre 2015 – Arabia Saudita.
Una ragazza di 19 anni viene violentata da una banda di sette persone in Arabia Saudita ed è stato condannato a 200 frustate e sei mesi di carcere.
16 novembre 2016 – Mauritania.
I manifestanti in Mauritania hanno chiesto la condanna a morte di un blogger condannato per aver criticato il sistema delle caste della nazione.
Jozé Sabugo (Portogallo)
Oltre ad altri diritti e doveri sanciti dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, l’articolo 16 dello stesso afferma quanto segue: “…La famiglia è l’elemento naturale e fondamentale della società e ha diritto alla protezione della società e dello stato.”
È per questo, miei cari amici, con spirito fraterno, la famiglia ci dà il diritto di essere ciò che siamo e il dovere di condividere quello che siamo.
Cecilia Moreschi (Italia)
In una città grande come Roma, con quasi tre milioni di abitanti, ci sono persone di tutti i tipi. Per esempio, in una città grande come Roma, vivono famiglie il cui cognome è tristemente noto perché associato a fatti di cronaca nera, a droga e corruzione. E prima o poi, in una città grande come Roma, accade che anche in quella famiglia nasca un bambino.
In una città grande come Roma, coesistono molteplici culti differenti. Ad alcuni di essi viene concessa la dignità e il rispetto che si devono a una grande tradizione religiosa millenaria, accettata da tutti, anche da chi non crede. Ad altre correnti meno importanti viene invece attribuita l’etichetta di setta, e i seguaci vengono trattati con diffidenza se non addirittura con malcelato disprezzo. Ma prima o poi, anche in una famiglia che abbracci tale fede, nasce un bambino.
In una città grande come Roma, arrivano persone da tutte le parti del mondo. Persone con colori diversi, abitudini diverse e soprattutto cognomi differenti. Gli uomini e le donne hanno sempre viaggiato, hanno sempre cambiato nazione e imparato nuove lingue, nuovi costumi, nuovi piatti da cucinare. Così è accaduto che nel secolo scorso uno di questi uomini si sia fermato in una città grande come Roma, e ne abbia fatto la sua casa. E visto che il cognome si tramanda di padre in figlio, nei decenni successivi nasce un bambino che invece di chiamarsi Rossi, Bianchi o Verdi, ha addosso un cognome straniero difficile da pronunciare che suscita ilarità e commenti in chiunque lo legga per la prima volta.
Questi tre bambini crescono, vanno a scuola. Diventano amici, giocano a pallone insieme sotto casa, con decine di altri. Ma ciascuno dei tre, per il solo fatto di essere nato in quella famiglia e non in un’altra, porta sulle spalle un peso, un pregiudizio, qualcosa per cui viene guardato dagli adulti con diffidenza, invitato malvolentieri a casa di altri ragazzi, e gli viene attribuito un futuro già scritto di delinquenza, emarginazione, estraneità.
Ci dimentichiamo che sono solo bambini che avrebbero tutto il diritto di essere trattati semplicemente come gli altri. Di partire alla pari. E scriverselo da soli il proprio futuro.
Hamid Barole Abdu (Eritrea)
Per gli esseri umani in tutto il mondo il diritto di vivere in pace.
I diritti umani devono essere rispettati.
Se i diritti di qualcuno non vengono considerati.
Il suo unico pensiero è quello di fare atti malvagi.
Se rimaniamo in silenzio, mentre i diritti umani sono violati.
E’ un grande crimine sulla nostra coscienza, domani dovremo risponderne.
Enrique Páez (Spagna)
Parlando di diritti umani, va detto che i diritti umani non sono solo il diritto a un nome, a una cittadinanza, alla libertà, al lavoro, alla casa, all’istruzione, ma anche un altro diritto: ed è il diritto di morire con dignità, il diritto di scegliere il modo di morire. Non ci sono altri che, per motivi religiosi, morali o etici, di qualsiasi tipo, altri che non hanno nulla a che fare con noi, che possano scegliere il modo in cui dobbiamo morire, e quando dobbiamo morire. Voglio essere il proprietario della mia vita, e voglio anche essere il proprietario della mia morte, quindi voglio che siano legalizzati il suicidio assistito e l’eutanasia. Voglio che nessuno decida per me in questa vita, e che nessuno decida per me in che modo o quando devo morire.
Sandra Burmeister G. (Cile)
C’era una volta un gruppo di persone riunito.
La gente veniva da molti luoghi diversi.
Le persone erano molto diverse tra loro.
C’erano persone con diverso colore della pelle, dei capelli e gli occhi.
(Oh! Vuoi vedere? Oh! Bene, bene …)
I tratti delle persone erano molto diversi.
(Lì, si può vedere. Oh! Che colore! Guarda, guarda! Ti piace?)
Alcuni paesi erano usciti da una terribile guerra.
(Sì, una grande guerra)
Ciò spinse un gruppo di persone a riunirsi a causa di un desiderio: non avere mai più la guerra in tutto il mondo.
In modo che nessuno sarà trattato male.
Senza la persecuzione di persone che non avevano fatto male ad alcuno.
Così, tutte le persone hanno redatto un documento in cui sono sintetizzati i diritti degli esseri umani e che tutti dovrebbero rispettare.
Questo documento si chiama: Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
D.M.S. Ariyrathne (Sri Lanka)
I diritti dell’uomo
I non-diritti dell’uomo
I diritti degli animali
I non-diritti degli animali
L’uomo uccide gli animali
L’uomo uccide altri uomini
L’uomo è pazzo
Perché uccide gli altri?
L’uomo è pieno di avidità
L’uomo è pieno di corruzione
L’uomo odia gli altri e si vendica
Chi governerà un mondo vuoto?
Suzanne Sandow (Australia)
E’ difficile parlare di diritti umani come australiana, con il nostro comportamento spaventoso con i richiedenti asilo. Io vivo a Victoria e proprio questa settimana i bambini in attesa di giudizio sono stati allontanati; e che cosa facciamo li prendiamo dalle strutture giovanili per metterli in un carcere per adulti dove le cose sono davvero dure.
In ogni caso oggi c’era un po’ di trionfo, e anche ieri. C’erano i manifestanti che si sono recati al Palazzo del Parlamento per gli ultimi giorni di seduta e ieri alcuni di loro hanno impresso le loro impronte sul corrimano e oggi hanno messo vernice rossa in una fontana, e srotolato uno striscione per parlare di rifugiati e di come dobbiamo aiutarli.
E su una linea più positiva ho pensato di parlare di ciò che mia sorella e suo marito hanno iniziato a Broome, nella zona nord occidentale dell’Australia. E ‘proprio la parte superiore – estremità superiore. C’è una grande comunità aborigena, del tutto transitoria, a volte, un sacco di genitori e molta povertà e di bambini abbastanza affamati con probabilità che il loro cervello non sviluppi correttamente. Così mia sorella e suo marito e un’altra coppia hanno iniziato l’alimentazione dei bambini il venerdì e il sabato sera. Hanno iniziato con i bambini in un parco e ora, quattro anni dopo, duecentocinquanta bambini vengono nutriti ogni venerdì e sabato. C’è stato un notevole finanziamento, ci sono state tante persone coinvolte nella cottura, l’ordinamento, l’apprendimento delle competenze per fare questo lavoro. E il tasso di criminalità, naturalmente, è andato giù perché i bambini non hanno fame, e non stanno morendo di fame e senza niente da fare. Sono ben nutriti in modo che non hanno bisogno di rubare tutto il cibo che possono.
Quindi questa è una storia positiva per i diritti umani dall’Australia.
Alessandro Ghebreigziabiher (Italia)
C’era una volta il paese dei noi.
Il paese dei noi era abitato da persone i cui nomi erano semplici da pronunciare.
Io, te, me stesso, tu, ancora io, sempre te, ma allora io?, e perché tu?, e così via.
Al di fuori del paese dei noi, vivevano loro.
Loro avevano nomi meno semplici da pronunciare. Almeno secondo noi.
Lui, lei, l’altro, l’altra, tutti gli altri, quelli, quello là, quell’altra, questi qua, ma perché non se ne stanno a casa loro, ecc.
Ora, si da il caso che molti tra gli abitanti del paese dei noi non vedessero di buon occhio loro, temendo che loro potessero defraudarli di qualcosa, come ad esempio il futuro. Così, a causa del delirante suggerimento di qualche decerebrato imbonitore, gli abitanti del paese dei noi si erano convinti che il modo migliore per impedire a loro di derubarli fosse privarsi da soli del meglio che avessero. Capitò di tutto, nel regno dei noi.
C’era chi si privò dell’amore e chi della fantasia, chi del senso dello humor e chi della comprensione. C’era chi rinunciò ad avere voce e ci fu perfino chi eliminò dalla propria esistenza la via che ti porta su un’altra, di via. No, dico, ve lo immaginate che noia vedere un solo orizzonte sino alla morte? Ciascuno troncò parte di sé tra le più degne di esserci, ma la maggioranza concordò nell’affrancarsi da incalcolabili privilegi dono del passato. Un regalo confezionato al prezzo di sogni e sangue, per amore dei noi nel futuro: i diritti umani.
Fu la privazione che funzionò meglio. Via il diritto al cibo e via il diritto a un riparo da pioggia e freddo, via il diritto alla cura e via il diritto all’accoglienza. Via, insomma, il diritto ad esistere e divenne più facile. Anzi, da facile divenne naturale. Ignorare, violentare, torturare, discriminare, sacrificare, calpestare, sfruttare… loro.
Il problema è che a forza di togliere molti tra gli abitanti non riuscivano più a rammentarsi cosa volesse dire essere io.
Fu così che tanti tra gli io si convinsero di essere noi.
Io sono noi.
E tutti gli altri divennero ignorabili, calpestabili, sfruttabili, torturabili, violentabili.
Perché tutti gli altri che non fossero io erano diventati loro.
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“Storytellers for Peace“ (Narratori per la Pace) è una rete internazionale di narratori che creano storie collettive attraverso i video. Artisti e racconti provengono da tutto il mondo e parlano di pace, giustizia, uguaglianza e diritti umani. Tutti i partecipanti recitano uno o più versi della storia nella loro lingua madre. Il progetto è stato creato ed è coordinato da Alessandro Ghebreigziabiher, scrittore, narratore, attore e regista teatrale.
Sito web: http://www.storytellersforpeace.com
Facebook: https://www.facebook.com/StorytellersforPeace
Canale Youtube: https://www.youtube.com/channel/UCcxcR5hSFUgzpYhpIMfbAzA